Federica N. (nome di fantasia per proteggere la privacy), 36 anni, sposata con un figlio in età scolare e uno in arrivo, operava in una piccola azienda di sviluppo software per istituti finanziari, della quale era socia, e possedeva un’ottima esperienza in realtà di maggior dimensione nell’ambito assicurativo, nonché esperienze interessanti in ambito accademico. Presentava inoltre un curriculum di tutto rispetto. Si è presentata telefonicamente affermando: «Sto cercando un coach per aiutarmi a decidere come procedere con la mia carriera. Ho un dottorato in informatica e aspetto il mio secondo bambino per fine maggio. Sto cercando un lavoro per ottobre e voglio definire quale tipo di lavoro vorrei fare».
All’inizio del percorso di career counseling si presentarono vari temi: la ricerca di un lavoro che la soddisfacesse, il fatto che non sapeva come regolarsi riguardo a una contrattazione di un interessante posto di lavoro che le stavano offrendo (e che da un lato non avrebbe voluto perdere finché non avesse deciso bene che strada prendere, dall’altro le presentava diversi punti interrogativi); infine le sue certezze relativamente alle sue capacità erano state incrinate da commenti poco chiari da parte di suoi precedenti colleghi e capi (quando lavorava nel campo delle assicurazioni).
Il percorso si è svolto in dodici incontri di un’ora – un’ora e mezza ciascuno, intervallati da scambi di varie e-mail e da molto ‘homework’ da parte di Federica (il tutto nell’arco di tre mesi e mezzo). Abbiamo focalizzato il tema più urgente (come gestire la proposta di lavoro in essere) e per far questo era importante che lei avesse in chiaro quali aspetti di quel lavoro la attiravano per quel lavoro e quali invece no, e quale obiettivo si poneva rispetto al colloquio che si stava avvicinando. Abbiamo cominciato a indagare quali fossero gli aspetti che potevano soddisfarla nel lavoro in generale (e in quello proposto in particolare) ed è emerso, tra gli altri, una forte propensione e desiderio di far del bene e di ‘migliorare il mondo’ attraverso il suo lavoro, pur nel suo piccolo contributo di singolo.
In particolare, Federica ha affermato: «Quando sarò in pensione voglio dirmi che sono soddisfatta di ciò che ho fatto». Alla mia domanda «Cosa le farà dire che è soddisfatta?», Federica rispose «Avrò migliorato il mondo. Per far questo devo trovare dove c’è un bisogno acuto». Abbiamo approfondito il tema anche attraverso strumenti di autovalutazione dei valori, delle tipologie e degli orientamenti professionali che normalmente vengono utilizzati nel bilancio delle competenze. Queste riflessioni hanno favorito la chiarezza su alcuni punti fondamentali irrinunciabili per Federica, cosa che le ha consentito di decidere di rispondere al colloquio in modo negativo: non avrebbe accettato quel lavoro perché decisamente disallineato con alcuni suoi valori prioritari.
Dopo aver accantonato la questione del colloquio, ci siamo focalizzate sul suo obiettivo finale: trovare per fine anno un lavoro che collimasse pienamente con i suoi desideri. Abbiamo quindi lavorato su quali fossero i suoi desideri, quali i timori, quali i vincoli di vario genere, cosa fosse importante e/o prioritario, quali fossero le sue competenze attuali.
Pian piano si è presto rivelato il quadro del possibile lavoro dei suoi desideri (quello che le avrebbe permesso di diventare Chi voleva essere): applicare la sua attuale expertise (alla quale teneva molto) a fin di bene, quindi continuare a fare quello che stava facendo ma dirottandosi sul mondo della microfinanza, lavorando autonomamente da casa ma collegandosi a organizzazioni con sede a Ginevra. Tra le molte azioni che si sono succedute nel piano d’azione, quelle ‘finali’ sono consistite nel ricercare contatti nell’area della microfinanza e chiedere colloqui per capirne il funzionamento e se questo mondo offrisse delle posizioni con i requisiti che potessero soddisfare i suoi desideri; rifare il CV evidenziando le aree di interesse per il settore; attivare i suoi network per la ricerca; fissare colloqui; scegliere fra le varie proposte che emergevano.
Federica ha raggiunto chiarezza completa su ciò che è veramente importante per lei e sui suoi punti di forza e debolezza. Ha focalizzato esattamente il suo lavoro e dove cercarlo. Ha posto in essere le azioni per cercare il posto giusto nell’organizzazione giusta, e al momento del nostro ultimo incontro l’aveva trovato e aveva già preso accordi.
Durante quasi tutto il percorso, le transazioni si sono svolte tra i nostri Stati dell’Io Adulto. In un’occasione sono emersi il suo Bambino a cui ha risposto il mio Genitore Affettivo, nel momento in cui si è rivelato il suo bisogno di avere riconoscimenti per il proprio lavoro: Federica mostrandomi un plico contenente alcuni suoi lavori effettuati in una precedente azienda, dal cui capo si aspettava un riconoscimento mai arrivato per tutto il lavoro fatto, mi chiese «ma non vuole nemmeno vedere tutto il lavoro che ho fatto?». La richiesta proveniva dallo Stato dell’Io Bambino ed era rivolta al mio Genitore Affettivo. Al che risposi «Sta chiedendo a me quello che vorrebbe ottenere dal suo ex capo?». Affermando subito dopo che «non ho dubbi che lei sia un’ottima professionista, ma vorrei che lo riconoscesse lei».
Il percorso si è concluso proprio poco prima del suo ‘lieto evento’ e prima della sua ripresa lavorativa che avrebbe visto l’avvio di questa sua nuova avventura. Un risultato importante, oltre a quello concreto ed evidente, riguarda la consapevolezza che Federica ha ottenuto relativamente ad alcuni suoi stili di pensiero inefficaci che le toglievano soddisfazione nel lavoro: si è resa conto di quanto per lei ciò che faceva non fosse mai abbastanza, si potesse sempre fare meglio e della sua carenza di autoriconoscimento dei risultati ottenuti.
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