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Ep.10 – 4 modi per riuscire a NON risolvere un problema.

02.05.2023

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Trascrizione episodio

Nella nostra vita ci ritroviamo continuamente a dover risolvere problemi, alle volte di piccola entità, alle volte molto grossi.

Ogni volta che incontriamo un problema e lo dobbiamo affrontare, abbiamo davanti due opzioni: attivare in pieno le possibilità del proprio pensiero, delle emozioni e delle azioni che possiamo intraprendere, oppure ricorrere inconsapevolmente a soluzioni antiche, legate alla propria storia personale antica, di quando eravamo bambini.

Supponiamo che io abbia di fronte un problema: se attivo la prima opzione, sono collegata alla realtà del qui-ed-ora, consapevole di ciò che posso fare utilizzando la mia capacità razionale ed di comprensione delle mie emozioni rispetto al dato di realtà.

Nel secondo caso, invece, non sono totalmente presente, ma è come se la situazione che mi si presenta attivasse automaticamente una sorta di elastico che mi riporta indietro al là e allora, a situazioni simili vissute nel passato. Ed ecco che attivo le mie soluzioni “magiche”, quelle che ho notato funzionare durante la mia infanzia, che ho imparato osservando i comportamenti e le reazioni di chi mi stava intorno.

E così, invece che essere attiva nel risolvere il problema, divento passiva, perché mi affido ad una “soluzione magica” nella speranza che questa magia manipoli il mondo in modo che esso mi fornisca la soluzione. E quindi la passività si riferisce al fatto di non agire efficacemente e in modo adulto per far fronte alla situazione.

Ignorare inavvertitamente delle informazioni pertinenti alla soluzione di un problema, viene definito da Shea Shiff, studiosa di analisi transazionale, come mettere in atto una svalutazione.

Quando svaluto aspetti di me stessa, degli altri o della situazione, non sono realmente presente nel qui-ed-ora, non vedo la realtà per come essa mi si presenta. Le svaluazioni sono aspetti peculiari delle nostre “soluzioni magiche”: tentativi di risolvere un problema attuale con soluzioni antiche, che non funzionano più.

Vediamo un paio di esempi di svalutazione:

Giulia è in una coda disordinata e affollata davanti al bancone di un panificio e non è molto chiaro di chi sia il turno, perché non c’è l’assegnazione di un numero di precedenza.

Ma Giulia ha osservato con attenzione chi c’era prima di lei e sa che, dopo lunga attesa, il prossimo turno è il suo.

La commessa finalmente dice “a chi tocca?” e mentre Giulia sta per parlare, la persona accanto a lei si sovrappone alla sua voce e si prende il turno. In quell’esatto momento, inconsapevolmente, un elastico porta Giulia indietro nel tempo a quando da bimba all’asilo non riusciva a farsi ascoltare dalla maestra, c’erano sempre bambini che urlavano di più e attirando e monopolizzandone l’attenzione. E così Giulia si era formata la convinzione di non essere capace di farsi strada e prendere ciò che le spetta.

Se hai ascoltato l’ep.8 del mio podcast, quello sulle posizioni esistenziali intitolato “Stai bene con o ti liberi di”, avrai intuito che davanti al bancone del negozio Giulia sia scivolata nella posizione Io- Tu+. Infatti, invece che far valere il suo turno, in modo gentile ma fermo come richiederebbe una sana assertività, oppure di decidere serenamente e consapevolmente di cederlo, Giulia si sente avvilita e impotente, e tace. Ecco che ha svalutato, cioè ignorato, le opzioni che ha in quanto adulta, e che da bimba non aveva.

La signora dietro Giulia che commenta a voce alta e scurita in volto “oggigiorno sono tutti cafoni!”, è scivolata probabilmente nella posizione Io+ Tu-, svalutando il fatto che magari la “saltatrice di code” era convinta che fosse il suo turno perché si era sbagliata nel memorizzare a chi sarebbe toccato prima di lei.

Quindi vediamo che si possono ignorare, quindi svalutare, aspetti di noi stessi, degli altri, o della situazione.

Un’ulteriore caratteristica che si presenta ogni volta che svalutiamo un aspetto della situazione, è che ne ingigantiamo un’altra. Tornando all’esempio, quando stando al bancone Giulia svaluta le opzioni che ha per risolvere la questione, ingigantisce anche il potere degli altri di farsi valere.

Ora, è importante dire che quando in una persona è presente una svalutazione, questa non è osservabile di per sé: io non so cosa stia succedendo dentro quella persona. Però ci sono cinque comportamenti che indicano sempre che una persona sta svalutando:

l’astensione, l’iper-adattamento, l’agitazione, l’incapacità e la violenza.

Vediamoli singolarmente.

Astensione:

È quanto ha messo in atto Giulia nell’esempio: invece che usare l’energia per agire un comportamento che risolvesse la situazione, l’ha utilizzata per impedirsi di agire. Ha svalutato la propria capacità di fare qualsiasi cosa per risolvere la situazione, perché ha attivato automaticamente, senza accorgersene, una modalità di risposta automatica.

Diverso sarebbe stato se cedere il turno fosse stata una decisione ponderata nel qui-ed-ora, dettata da propri valori o considerazioni di opportunità. Ma in qual caso, dentro di sé, le emozioni e i pensieri di Giulia sarebbero stati ben diversi.

Iper-adattamento:

Quando ci iper-adattiamo, ci adeguiamo a ciò che pensiamo siano i desideri degli altri, senza verificare che lo siano davvero, e senza tenere in conto quelli propri. Nell’iper-adattamento svalutiamo la nostra capacità di agire sulla base delle nostre opzioni, e seguiamo le opzioni che crediamo desiderino gli altri.

Agitazione:

Alla macchinetta del caffè dell’ufficio, Paolo non riesce a evitare di essere agganciato dal suo collega Giorgio che, come al solito, si dilunga a dismisura nel raccontare le sue vicissitudini lavorative, dettagliando ogni particolare anche superfluo, mentre Paolo vorrebbe tornare alla scrivania per finire quel report importante.

Giorgio è una persona con cui è difficile chiudere la conversazione e accomiatarsi e Paolo dopo un po’ comincia a sentirsi nervoso, ma rimane lì inchiodato, tamburellando le dita sul bicchierino del caffè e il piede sul pavimento. La sua energia è diretta a questa attività agitata, invece che agire per risolvere il problema.

Molte delle nostre azioni sono dovute ad agitazione: mangiarsi le unghie, mangiucchiare, fumare, giocherellare con i capelli, fare scrolling compulsivo sui social, controllare ossessivamente il cellulare, ecc. Quando ci agitiamo, stiamo accumulando energia, che in alcuni casi sfocia verso l’incapacitazione o la violenza.

Incapacitazione o violenza:

Ogni volta che ci rendiamo incapaci, per esempio sentendoci o facendoci male, rendendoci deboli, crollando emotivamente, abusando di droghe, farmaci o alcol, speriamo che mettendo in atto (più o meno consapevolmente) queste modalità di renderci incapaci, forzeremo qualcun altro a risolvere il problema.

L’incapacitazione è una violenza verso l’interno. In altri casi, la passività (intesa come svalutazione cui segue una non-soluzione di un problema) si attua attraverso la violenza verso l’esterno, verbale e/o fisica. La persona usa l’energia in modo violento in un disperato tentativo di costringere l’ambiente a risolvere il problema al posto suo.

Questi quattro comportamenti indicano che mi sto impedendo di risolvere un problema che mi si presenta. Quando questo succede, necessariamente ho svalutato qualche aspetto di me, degli altri, della situazione. Quando svaluto, sto pensando, provando emozioni, comportandomi in un modo che mi fa star male, non mi fa riuscire, non mi fa risolvere efficacemente i problemi.

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