Perché ci va sempre a finire così? La risposta è: Perché stiamo giocando.
I giochi di cui vi parlerò oggi, sono i giochi psicologici.
Eric Berne, fondatore dell’Analisi Transazionale ha definito il gioco psicologico come un tipo di relazione interpersonale “disturbata”, che procura stati d’animo spiacevoli.
“Il gioco psicologico è una serie di scambi comunicativi ripetitivi, che comportano messaggi nascosti, cioè non osservabili direttamente, a cui fa seguito un colpo di scena con uno scambio di ruoli, un senso di confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole, che va a confermare in ogni interlocutore le sue convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo”.
Perché giochiamo allora, se i giochi ci fanno star male?
Perché i giochi ci consentono un forte coinvolgimento emotivo e relazionale, pur se negativo. E noi siamo affamati di attenzioni, e se non ne arrivano di positive, ci accontentiamo di quelle negative. Un altro aspetto importante dei giochi è la ripetizione: ogni volta che giochiamo, coltiviamo la segreta speranza che questa volta vada tutto liscio e si proceda nello scambio in modo gradevole. Ma così non è.
Per analizzare i giochi, Stephen Karpman ha ideato uno strumento semplice e potente: il triangolo drammatico.
Quando siamo coinvolti in un gioco psicologico, entriamo in uno di questi tre ruoli:
· Vittima
· Persecutore
· Salvatore
Questi tre ruoli sono inautentici, nel senso che quando siamo in uno di questi, reagiamo come se vivessimo situazioni del passato, piuttosto che alla realtà che stiamo vivendo adesso.
Dato che queste modalità relazionali provengono dal nostro passato, potremmo “giocare” un gioco ad imitazione delle nostre figure di riferimento (i genitori o altri care-givers).
Tutti e tre i ruoli del Triangolo drammatico comportano svalutazioni: su di sé e sull’altro, per quanto riguarda la propria e altrui capacità di risolvere in modo sereno le relazioni e i problemi.
Lo scopo (inconsapevole) dei giochi è provocare o invitare gli altri a reagire in alcuni specifici modi, finalizzati a rinforzare le convinzioni che ci portiamo appresso dalla nostra infanzia. Osservati da un punto di vista esterno questi comportamenti appaiono paradossali, nei casi peggiori drammatici, e talvolta persino comici.
Ma essi sono causa non di rado di grande sofferenza e guai sia in ambito familiare, amicale che lavorativo.
Un gioco è diverso da un inganno, perché quest’ultimo è giocato in modo consapevole da parte di chi lo attua. Il gioco comporta invece inconsapevolezza e sorpresa finale.
Le nostre convinzioni, che tendiamo a rafforzare attraverso i giochi psicologici, possono essere classificate in base a quattro cosiddette posizioni esistenziali, di cui ho parlato nell’episodio 8 del mio blogcast (e che trovate qui: https://www.studiopaladino.com/ep-8-stai-bene-con-o-ti-liberi-di/) e che vi invito ad ascoltate o leggere se non l’avete già fatto, per meglio comprendere quanto andrò a illustrare tra breve.
Occorre precisare che questi ruoli sono “legittimi” quando sono frutto di una situazione reale, e non manipolativa. Per esempio è vittima reale chi subisce un’aggressione senza aver minimamente provocato nessuno; o è “persecutore” quando per il ruolo che ha nella società deve stabilire limiti di comportamento o far rispettare le regole; così come è “salvatore” chi aiuta una persona in evidente stato di necessità.
Però questi ruoli diventano “illegittimi”, quando sono usati per manipolare gli altri. In tal caso li indichiamo con l’iniziale maiuscola. Analizziamoli insieme.
la Vittima.
La sua posizione esistenziale è IO non sono OK, TU sei OK, oppure IO non sono OK, TU non sei OK: ritiene quindi di dover manipolare gli altri per far sì che risolvano un problema che li riguarda direttamente. In questo ruolo, la persona ritiene gli altri responsabili e capaci di risolvere situazioni e/o problemi che essi stessi in realtà potrebbero affrontare. Oppure che né sé stessa né gli altri siano in grado di risolvere i problemi che la riguardano. La Vittima finge di non essere mai forte, capace e responsabile.
Non ama la responsabilità, e cerca di trovare assolutamente un capro espiatorio, qualcuno cui incolpare dei propri errori, oppure un Salvatore che gli risolva i problemi.
La Vittima manipola instillando il senso di colpa nel Persecutore, visto che lo vede come origine della sua sofferenza, e cerca di far sì che il Salvatore si attivi nel tentativo di aiutarla. La Vittima è all’inconsapevole ricerca di un Persecutore o di un Salvatore: di un Persecutore con cui alla fine colluderà sentendosi rifiutato o sminuito, di un Salvatore con cui colluderà nel credere di aver bisogno del suo aiuto per pensare o per agire.
La persona che assume il ruolo di Vittima tende a lamentarsi e a non chiedere direttamente un aiuto: sta in continua attesa e pretesa verso gli altri e prova risentimento quando gli altri non comprendono i suoi bisogni e non colgono i suoi desideri inespressi, o comunque sia non li soddisfano.
Da questa posizione la Vittima passa facilmente al ruolo di Persecutore, attaccando e accusando persone e avvenimenti che ritiene causa della sua situazione.
La VITTIMA quindi esprime dolore e debolezza, ma in realtà nasconde forza.
Il Persecutore.
Il Persecutore parte da una posizione inversa a quella della Vittima: Io sono OK, TU non sei OK.
Usando l’intimidazione e l’inquisizione, gioca un gioco manipolativo, che comporta aggressività non sempre fisica, ma spesso verbale, morale e psicologica. Utilizza per esempio il sarcasmo, la critica, i giudizi taglienti e svalutanti, con l’effetto di creare nell’interlocutore confusione e paura.
Il PERSECUTORE quindi esprime forza e aggressività, ma nasconde debolezza e paura.
Il Salvatore.
Il Salvatore è un ruolo in cui giochiamo una parte apparentemente protettiva ma che non favorisce la crescita e l’autonomia dell’altro. La posizione esistenziale di chi assume questo ruolo è IO sono OK, TU non sei OK, perché svaluta le capacità dell’altro, come ad esempio quando con la scusa di aiutare gli altri, li mantiene in uno stato di dipendenza. In più, chi è nel ruolo di Salvatore finge di non avere mai bisogno. Invece, si preoccupa dei bisogni altrui, aiutando gli altri in quelle situazioni in cui questi ultimi farebbero bene ad aiutarsi da soli. Aiutando la Vittima, il Salvatore le permette di restare Vittima, perché si assume responsabilità per cose di cui essa dovrebbe prendersi personalmente carico.
Un ulteriore effetto delle azioni del Salvatore è quello di rimanere in credito nei riguardi dagli altri e di aspettarsi gratitudine e riconoscenza. Il ruolo del Salvatore consente alla persona di costruirsi una facciata di grandezza, generosità ed altruismo per coprire in realtà un senso d’inadeguatezza, inutilità e vuoto. Ciò comporta, in caso di “fallimento” dell’aiuto offerto alla Vittima, che la paura di non valere e di non essere riconosciuto proprio da chi avrebbe avuto il “dovere” di farlo scateni una rabbia focalizzata verso il proprio interlocutore. In tal modo si ha un’inversione di ruoli con il Salvatore che finisce per assumere il ruolo del Persecutore.
Il SALVATORE esprime bontà ed interesse ma nasconde: bisogni personali e solitudine.
Come agiscono i ruoli all’interno del triangolo drammatico?
Karpman afferma che: “Quando si fa l’analisi del gioco bastano tre ruoli per descrivere quella inversione emotiva che in realtà costituisce tutto il dramma. Tali ruoli sono il Persecutore, il Salvatore, la Vittima: P, S, V, nel diagramma. Senza scambio di ruoli non c’è dramma”.
Prendiamo come esempio il gioco psicologico “Perché non, Si ma” per vedere come nel triangolo drammatico avvenga una rotazione dei ruoli: la Vittima diventa Persecutore e il Salvatore diventa Vittima”.
Gianni e Nora sono amici da anni. Gianni ha spesso disavventure di cui si lamenta, sia sul lavoro che nella vita privata. Nora è energica e sempre disponibile ad aiutare gli altri. Con tante persone Gianni può lamentarsi senza problemi, così come Nora riesce a proporsi di aiutare parecchie persone senza che ci sia un esito sgradevole alle sue proposte. Ma con Gianni è diverso. Con lui succede spesso che ci sia un’alternanza tra lui che si lamenta e lei che propone, che si sviluppa attraverso un numero di scambi comunicativi, per poi terminare in modo sgradevole.
Gianni dice: “non puoi immaginare cosa mi è successo: mi hanno dato lo sfratto”
Nora: “cribbio che casino, sei andato da un avvocato?”
Gianni: “Si ci ho pensato, ma poi ho preferito rinunciare perché non ho avuto belle esperienze in passato”
Nora: “potresti rivolgerti all’associazione inquilini”
Gianni: “Eh, ma figurati se quelli risolvono qualcosa, se non ci riesce nemmeno l’avvocato…”
Nora: “Hai provato a parlare direttamente con il proprietario per trovare una soluzione?”
Gianni: “non ci penso nemmeno, è un tale zotico!”
… e così via per un certo numero di scambi. Ad un certo punto Gianni taglia corto in modo brusco:
Gianni: “va beh dai, lascia perdere, tanto lo so che è sempre un casino la mia vita, sembra che ce l’abbiano tutti con me”
I ruoli si sono improvvisamente scambiati: Nora prova un senso di sconfitta e incapacità, perché internamente ha la convinzione di non essere OK se non è in grado di aiutare qualcuno. Mentre Gianni prova un senso di rabbia, frustrazione ma anche trionfo per aver dimostrato che nemmeno lei lo può aiutare.
Gianni è partito da un ruolo V perché svaluta sé stesso, la sua possibilità di risolvere il suo problema autonomamente o di chiedere direttamente aiuto ed eventualmente accettarlo, e svaluta anche la capacità degli altri di poterlo aiutare (IO-TU-). Slitta alla fine del gioco verso la posizione P.
Nora è partita da una posizione IO+TU-, perché ha svalutato la capacità dell’altro di risolvere autonomamente i suoi problemi, o quantomeno di chiedere aiuto direttamente.
Slitta quindi nel ruolo di V perché conferma con il gioco la sua convinzione profonda di non essere OK se non riesce ad aiutare gli altri.
Quindi alla fine entrambi raccolgono attenzioni, pur se di qualità negativa, che li porta entrambi a provare emozioni spiacevoli e a confermare le reciproche posizioni esistenziali.
PS: per saperne di più sulle svalutazioni, dai un’occhiata qui: https://www.studiopaladino.com/resource/la-matrice-delle-svalutazioni-uno-strumento-per-la-soluzione-dei-problemi/
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