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Ep.33 – Come far sì che la solitudine divenga una “fresca solitudine”

10.06.2024

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Ep.33 – Come far sì che la solitudine divenga una “fresca solitudine”

La solitudine di solito ci fa paura, ci porta a cercare a volte disperatamente qualcosa o qualcuno che possa lenire lo sconforto che ci assale.

Però la solitudine può essere molto rilassante e ricca di doni, se la si sa accogliere.

Quando proviamo la solitudine, la associamo ad una situazione scomoda e che rattrista, da “risolvere” allontanandola subito in qualsiasi modo.

Il nostro schema di comportamento radicato in quanto esseri umani, ma che è anche esasperato dalla cultura occidentale, è quello di trovare soluzioni immediate ad ogni sorta di problema ci si presenti.

Pensiamo anche di meritare una soluzione. In realtà non ci meritiamo un bel niente, e la ricerca di una soluzione aggiunge spesso la sofferenza del fatto di non trovarla o di trovarne si una, ma che ben presto si rivela un tampone momentaneo.

In realtà, ci meritiamo di meglio di una soluzione che ci permetta di fuggire momentaneamente da una situazione che non vogliamo vivere.

La realtà è che quando ci sentiamo disperati, non vogliamo stare in quella sorta di limbo sgradevole e provare quello che stiamo provando.

Come afferma Pema Chödron, nella sua opera intitolata “Se il mondo ti crolla addosso”, edita da Feltrinelli, abbiamo una via che ci consente di utilizzare lo “stare” in una situazione scomoda per trasformare un sentimento non facile in un’occasione di pace interiore e trasformazione:

Pema afferma che «La meditazione fornisce un modo per esercitarsi nella via di mezzo – nel restare proprio “sul posto”. Ci incoraggia a non giudicare quel che si presenta alla mente. Di fatto, ci incoraggia a non aggrapparci neppure a tutto quel che si presenta alla mente».

Solitudine, noia, ansia sono emozioni difficili in cui stare senza voler immediatamente trovare una soluzione per scacciarle.

La Chödron individua sei modi per descrivere com’è una fresca e rilassante solitudine:

  • La volontà di essere soli quando dentro di noi abbiamo il disperato desiderio di trovare qualcosa che possa rallegrarci e cambiare l’umore. Così possiamo «gettare un seme perché diminuisca l’irrequietezza di fondo»; il “viaggio del guerriero” è stare seduti con la sensazione cocente di solitudine e l’irrequietezza almeno per qualche minuto, quando ieri non riuscivamo nemmeno per qualche secondo. E domani più di oggi.
  • Rinuncia: abbandonare la convinzione che se siamo in grado di sfuggire alla solitudine otterremo senso di benessere, coraggio, forza, felicità e una situazione stabile. Abbiamo paura di tutto ciò che non si può risolvere, e non sappiamo stare in situazioni dove non abbiamo punti di riferimento a cui aggrapparci. Ma dobbiamo «rinunciare a quest’idea un miliardo di volte, facendo amicizia in continuazione con il nostro nervosismo e lo sconcerto. Poi, senza nemmeno accorgercene, qualcosa inizia a cambiare. Possiamo semplicemente essere soli senza alternative, appagati di essere proprio qui con lo stato d’animo e la concretezza di quel che sta succedendo».
  • Evitare attività inutili: quando cerchiamo qualcosa o qualcuno che ci salvi dal sentimento disperante di solitudine, evitiamo ciò che davvero cambierebbe il nostro modo abituale di affrontare questa situazione, e cioè compassione e rispetto per noi stessi e la possibilità di imparare a rilassarci con la solitudine.
  • Disciplina: con la meditazione impariamo a tornare indietro al momento presente. «Decidiamo di stare seduti e immobili, di essere lì e basta, da soli […] dobbiamo renderci conto che è così che stanno le cose. Siamo fondamentalmente soli, e non c’è nulla a cui aggrapparsi, da nessuna parte». Ma questo ci permette finalmente di scoprire uno stato dell’essere completamente genuino.
  • Non vagare nel mondo del desiderio: non cercarequalcosa che ci dia conforto, come cibo, bevande, shopping, gente. Tutti modi di “scappare di casa” diventando però dei senzatetto. Come ci ricorda Pema: «La solitudine non è un problema. Non è una cosa da risolvere. Lo stesso vale per qualsiasi altra esperienza che potremmo fare».
  • Non cercare la sicurezza nei pensieri che divagano: quando le cose non ci piacciono cerchiamo spesso ossessivamente di rispondere ai perché, cosa potremmo fare o no, cosa avremmo potuto fare e non abbiamo fatto o abbiamo fatto e non avremmo dovuto fare. Ma questi sono pensieri, e in quanto tali non hanno realtà obiettiva. Ecco perché quando meditiamo li etichettiamo come “pensieri” e li lasciamo andare.

In conclusione, Pema Chodron ci ricorda che:

«La fresca solitudine (cioè la solitudine che ha le caratteristiche sopra elencate, ndr), non fornisce soluzioni, né ci rimette la terra sotto i piedi. Ci sfida a entrare in un mondo senza punti di riferimento, senza dividerci né cristallizzarci».

E ancora, essa «ci consente di guardare onestamente e senza aggressività la nostra mente. Riusciamo pian piano ad abbandonare il nostro ideale di chi pensiamo che dovremmo essere, o di chi pensiamo che vorremmo essere, o di chi pensiamo che gli altri pensino che vogliamo o dovremmo essere. Ci rinunciamo e osserviamo direttamente chi siamo, con compassione e senso dell’umorismo. La solitudine non è minacciosa né sconfortante, né punitiva».

Pema Chödrön, Se il mondo ti crolla addosso, Feltrinelli.

Picture credits: Johan Armang on Pexels

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