“Prima finisci di lavorare, poi puoi riposare!”. Quante volte ce lo siamo sentiti dire? E che c’è di male, direte voi, è ovvio che “prima viene il dovere e poi il piacere”! Già. Ma è sempre vero?
Fate parte di quella categoria di persone che viene chiamata perfezionista, siete meticolosi, efficienti, affidabili, precisi? Vi sfiancate finché non avete finito, avete sempre da migliorare, siete sempre tesi a cesellare il lavoro e tuttavia siete sempre insoddisfatti? Forse bastava un niente per rendere insoddisfatti i vostri genitori (e voi, adesso)?
In effetti può essere che una delle loro paure fosse inerente al non essere capaci e che per questo vi abbiano proposto un modello così impegnativo da seguire, che al minimo sgarro provavate, e tuttora provate, un senso di inadeguatezza, la paura di rendere gli altri insoddisfatti di voi.
Seguendo le prescrizioni genitoriali, sappiamo che saremo amati solo quando, e se, ci comportiamo così, ma in realtà segretamente speriamo sempre (e abbiamo bisogno) di essere amati incondizionatamente.
Questa costrizione diviene una maschera inconsapevole. E così per quanto siamo diventati bravi, eccelsi, superlativi, per quante lodi ed encomi abbiamo ricevuto per come sappiamo fare bene le cose, nessun riconoscimento penetra oltre il nostro travestimento e arriva al nostro profondo.
Vorremmo tanto ciò che ci è sempre mancato: l’amore incondizionato, essere amati per come si è, anche sbagliando, anche con le nostre fragilità, le nostre difficoltà e insicurezze… senza dover dimostrare niente, potendo anche sbagliare! Ma questo riconoscimento tanto agognato non ci arriverà cercando l’infallibilità, il far più presto che si può, la compiacenza, il tener duro a tutti i costi.
E in questa consapevolezza sta la chiave che ci consente di discernere tra l’impegno ‘giusto’ e l’eccesso di perfezionismo. Ancora una volta, dietro le domande che possiamo fare a noi stessi nella quotidianità sta la nostra potenzialità di crescere e farci del bene.
C’è realmente una necessità di perfezione in quello che stiamo facendo e ne proviamo piacere, oppure ci sentiamo tesi e costretti a cesellare senza fine (manco fossimo tutti orologiai della Rolex)?
Se siamo perfezionisti in tutto quello che facciamo, senza riguardo al nostro benessere, senza discernere quali siano i nostri obiettivi realmente importanti, senza dare quindi le giuste priorità, senza il piacere in ciò che stiamo facendo, senza un motivo oggettivo che richieda tale perfezione (come per esempio può esserci se stiamo facendo un intervento di neurochirurgia), e proviamo invece un senso di tensione ed eterna insoddisfazione, sentendoci inadeguati anche se sbagliamo in un particolare marginale, dobbiamo fermarci e riflettere. Potremmo essere cascati nei vecchi precetti, con l’illusione inconsapevole che così facendo otterremo finalmente ciò che ci farà sentire amati.
Sarebbe bene invece da aver cura di noi, distinguere le priorità, darci il permesso di tralasciare o delegare ciò che possono fare altri (concedendo anche a loro di poter sbagliare), darci il permesso di commettere errori. Imparare dagli errori ma non sentirci per questo inadeguati o indegni.
Dovremmo darci il permesso di essere noi stessi e accettarci con i nostri difetti. Dobbiamo lasciar correre un po’ e sperimentare che le richieste di così alto impegno arrivano da noi stessi, più che dagli altri.
In altre parole, dovremo darci noi stessi quell’accettazione incondizionata che ci è mancata.
Conquistare il piacere di apprezzare le proprie fatiche, anche accontentandosi.
Quel bambino che eravate aveva ed ha tuttora il diritto di fare le cose bene, ma se si stanca può farle dopo, facendosi magari aiutare, e può sbagliare, essendo amato lo stesso per quello che è, non per quello che fa.
E’ importante che possa fare le cose per sé, non per fare contento il genitore (che oggi, da adulti, si manifesta con il dialogo interiore), e che possa decidere di volta in volta le priorità cui dedicare tempo e attenzione.
Tocca a noi adesso darci i permessi che non abbiamo avuto nell’infanzia: possiamo sbagliare, fare le cose quanto serve – non per forza al 100%, godere di ciò che facciamo, mostrarci incerti se capita, non preoccuparci sempre delle conseguenze negative, prenderci il tempo che ci serve, essere spensierati e… riposarci prima di finire se ne sentiamo il bisogno!
Picture credits: Richard Verbeek on Pexels
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