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Ep.54 – Assuefazione e autoinganno collettivo

06.05.2025

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Trascrizione episodio

Oggi su Linkedin ho letto un post di Alessandro Scaglione, che vi suggerisco caldamente di leggere.  

Parla infatti dell’importanza di mantenere un senso critico allerta, dato che, cito: “Quando le possibilità si insinuano nelle pieghe della realtà e il verosimile non è più distinguibile dal vero, allora sì che abbiamo un problema”.

Alessandro ha preso spunto dall’ormai notissima immagine del presidente USA nelle vesti di papa, creata con l’intelligenza artificiale. Potrebbe sembrare una boutade, se non fosse che lo stesso presidente l’ha evidenziata su un social e, peggio ancora, è stata pubblicata sul sito ufficiale della Casa Bianca.

Oltre che di pessimo gusto, il fatto che tale immagine sia diffusa da profili ed istituzioni che dovrebbero avere ben altra postura, ci permette di fare alcune riflessioni sul pericolo che le masse umane, di cui evidentemente facciamo parte, cadano in una sorta di “sortilegio” che ha due componenti essenziali, anche se non sono le sole: l’assuefazione e l’autoinganno.

Siamo sempre più sommersi da immagini e notizie fake: immagini di guerra, soprusi, ingiustizie, corruzioni. Tanto che non ci accorgiamo di come arrivi un momento in cui qualcosa che ci faceva indignare… smette di farlo.
All’inizio ci scuoteva, poi con il tempo inizia a infastidirci, poi annoiarci e… infine ci abituiamo.

Questo è il potere dell’assuefazione agli stimoli ripetuti.
Questo meccanismo, naturale ma pericoloso, alimenta un fenomeno ancora più profondo: l’autoinganno collettivo.

Assuefazione significa abituarsi.


È un meccanismo naturale del cervello: quando uno stimolo si ripete, perde impatto. L’assuefazione è una difesa. Ci protegge dal dolore, dalla paura, dal senso di colpa. Può salvarci da situazioni tremende altrimenti non risolvibili.
Ma ci protegge troppo perchè ci rende sordi, ciechi, inerti. Ed è così che riusciamo a convivere con il traffico, con un rumore fastidioso, con un doloretto persistente, con una situazione altrimenti poco tollerabile… ma anche, purtroppo, con la violenza, la menzogna, il degrado dei valori.

Su scala sociale, questa desensibilizzazione diventa pericolosa. Perché ci permette di convivere con l’inaccettabile, senza accorgercene.
E proprio lì, in quella zona grigia tra l’indifferenza e la routine, si insinua l’autoinganno collettivo:
l’illusione condivisa che “va tutto bene”, quando sappiamo che non è così. E così l’autoinganno collettivo diventa comodo, rassicurante.

I meccanismi in gioco sono:

La Desensibilizzazione:

Quando uno stimolo si ripete, la nostra risposta emotiva diminuisce. Le immagini diventano rumore di fondo. I fatti gravi perdono forza.

La Normalizzazione del paradosso:

Ciò che all’inizio sembrava assurdo, nel lungo periodo diventa normale. Lo accettiamo, ci conviviamo, lo giustifichiamo.

La Saturazione informativa:

Troppe notizie, troppe tragedie, troppo tutto. Il nostro cervello si ritira. Sceglie di ignorare, per sopravvivere. Ma questo ci rende vulnerabili alla manipolazione.

Il Distacco emotivo e la complicità passiva:

“Tanto nessuno fa niente.” Oppure “cosa posso farci io, come individuo”, o anche “È da sempre che è così, non cambia nulla”
E così, il silenzio diventa la colla che tiene insieme l’autoinganno. Nessuno denuncia. Nessuno si scandalizza più.

Facciamo un esempio storico:

Dal 1933 in poi, la propaganda nazista ha costruito un sistema in cui il razzismo diventava dovere, e l’orrore… routine. I cartelli, i giornali, le leggi, le parole. Ogni giorno, goccia dopo goccia, una menzogna è diventata normalità.mL’assuefazione ha anestetizzato milioni di coscienze.

O se vogliamo parlare del clima:

Ogni anno è più caldo. Ogni estate più estrema. Eppure… ci abituiamo. Le immagini di foreste in fiamme, città allagate, ghiacciai che scompaiono: tutto ci passa davanti agli occhi, ma non ci colpisce più come dovrebbe. È un problema troppo grande, troppo complesso, viene visto con troppa frequenza.
Così ci diciamo: “Non è urgente”, “Io cosa ci posso fare”, “È sempre stato così”. E continuiamo come prima.

O ancora nelle cronache quotidiane:

Ogni giorno, un femminicidio. Un’aggressione. Ma le parole usate nei titoli — “raptus”, “dramma familiare”, “tragedia” — anestetizzano. La cronaca si ripete, e con essa si abbassa la soglia della nostra indignazione. Anche questo è autoinganno: pensare che siano casi isolati, inevitabili, anziché sistemici.

Ecco perché è indispensabile lo sviluppo di un senso critico straordinario e instancabile, sempre allerta, come ci ricorda Scaglione, che cita ­Luciano Floridi “𝐋’𝐢𝐧𝐬𝐨𝐧𝐧𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞̀ 𝐯𝐢𝐭𝐚𝐥𝐞, 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐬𝐨𝐧𝐧𝐨 𝐠𝐞𝐧𝐞𝐫𝐚 𝐞𝐫𝐫𝐨𝐫𝐢 𝐦𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐨𝐬𝐢”.

Picture credits: Emily Rose on Pexels

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